Da molto tempo stavo pensando di fare una bella passeggiata.
Purtroppo passarono gli anni mentre lavoravo e facevo molto altro.
Adesso che sono in pensione, finalmente, potrò fare quello che voglio.
Da giovane ero negli scout di Genova e feci scalate e camminate straordinarie che duravano anche otto ore di seguito, purtroppo il tempo è passato quasi in modo impalpabile. Troppe giornate sono trascorse da quei bei tempi giovanili.
Adesso mi accontento. Ho gambe ancora forti e ben funzionanti, forse eredità dei miei bei tempi passati.
Dovendo riempire le mie giornate adesso faccio i programmi come desidero.
Sarò forse strano, poiché uno potrebbe pensare che lo faccio per mettermi in mostra, ma assicuro che non me ne importa nulla, la mia vita mi appartiene e ne voglio fare quel che desidero, finché il Signore mi permetterà di farlo.
Prendo una cartina della mia regione, il Lazio, e procedo con la matita a segnare il percorso. Ricordo che mio cognato mi diceva che quando era giovane andava a piedi a scuola, passando per la strada principale e poi tagliando attraverso un bosco imboccava la stradina che conduceva alla stazione ferroviaria di Frosinone.
Adesso è stata costruita una bella strada asfaltata, chiamata nuova Casilina, girando a sinistra conduce a Ceccano e verso destra a Frosinone scalo.
Dai tratti che sto segnando, saranno circa dieci chilometri, forse portandomi una bottiglietta di acqua e anche un bel panino penso che forse ce la potrei fare in una giornata di cammino sereno, almeno così spero.
Avverto mia moglie che mi guarda storto, pensa che io sia impazzito improvvisamente, poi comprendendo che sto facendo sul serio, mi aiuta a preparare quello che mi serve, comprese le scarpe comode da passeggio.
Sono le sette di mattina, è il giorno del 4 Novembre, forse in qualche paese si farà festa ed io sto uscendo da casa. Mi avvio con passo calmo, il cammino che mi attende è abbastanza semplice alla partenza, poi s’inerpica sulla Casilina verso le colline di Torrice e ridiscende con varie curve. Affronto la prima curva, passa a fianco della nuova Casilina, che affronterò al ritorno. Salgo verso la prima collina mentre le macchine mi sfrecciano a fianco. Qualcuno mi riconosce e rimane stupito vedendomi con il bastone da passeggio e a piedi. Un amico si ferma chiedendomi se voglio un passaggio. Immaginatevi se potevo accettare quest’offerta dopo tutti i preparativi fatti.
Lo ringrazio con un gesto della mano e continuo sulla mia strada asfaltata. È una bella giornata, il sole si sta alzando e, nonostante la stagione, promette caldo. Continuo sul mio percorso, avrò il tempo per togliere il maglioncino sulle spalle e legarmelo in vita.
Affronto le curve dette “della Forcella”, poiché vi è una diramazione che conduce al paese passando tra i boschi accorciando la strada.
Io seguo il mio percorso, in circa mezz’ora ho oltrepassato la Forcella e sto entrando nel territorio del comune di Torrice.
Il sole inizia a battere e qualche goccia di sudore scende dalla fronte.
Sono costretto a tergermi, sarebbe complicato se mi bagnasse gli occhiali da vista che, purtroppo, porto da sempre.
Sto scendendo verso la Prima, zona così chiamata per l’azienda che vi opera da diverso tempo e affronto dopo breve la successiva collina che poi, dividendosi in trivio, a destra porterà all’Arnara, dritto verso Ripi e a destra verso Torrice, la mia meta.
Mentre cammino, penso. Vecchia abitudine mai persa nella mia vita. Ho sempre letto molto e meditato su ogni cosa. Prima di agire ho sempre calcolato tutti gli aspetti, positivi o negativi, delle mie azioni. Adesso che il tempo mi permette con maggior serenità questo, rivedo il mio passato e tutto quello che avrei desiderato fare e non ho portato a termine.
Avrei potuto fare lo scalatore, poiché avevo gambe forti e fisico robusto. Avrei potuto fare il medico, ma non ero portato a passare ore sui testi di scuola. Avrei potuto fare il marinaio, essendo nato in riva al mare, forse sarebbe stata la soluzione migliore. Ho fatto solo il musicista, umile e sconosciuto professore scolastico, dimenticando imprese eroiche e avventure splendide girando il mondo. Mentre un passo segue l’altro, sono giunto sotto le mura della cittadina, sorridente e quasi disabitata. Conoscevo molte persone passate a miglior vita e i pochi giovani rimasti neppure li conosco, anche se sono sicuramente figli o nipoti dei congiunti scomparsi nel tempo. Mi siedo sulla panchina della piazzetta, davanti all’ufficio postale, unico ambiente ancora frequentato da qualche persona. Le bollette vanno comunque pagate. Osservo alcune macchine che a passo d’uomo scorrono per la via. Penso che sia giunto il momento di fare una bevuta, l’acqua che porto nella saccoccia, è ancora fresca e porta sollievo al mio palato. Mi alzo, quasi stancamente, devo ancora affrontare l’ultima salita, quella che conduce al Comune, la più ripida di tutto il paese.
A passo calmo salgo attraversando il cuore della città. Alte mura di pietra mi affiancano e il panorama si allarga su una splendida Ciociaria che mi lascio sulla sinistra. Vedo il campanile della chiesa, le campane stanno battendo le undici di mattina. Faccio un rapido calcolo di quanto tempo ho impiegato per compiere questo percorso: tre ore e mezzo, meglio di quanto preventivato.
Sulla piazza mangio il mio panino imbottito, ho di fronte un panorama unico, costellato di paesi e contrade e, mentre l’occhio si perde in questo infinito, osservo il sole che si sta spostando lentamente. Tra qualche momento non vi sarà più ombra della mia persona, tanto non importa a nessuno della mia presenza.
Mi tolgo il cappello leggermente sudato e mi tergo il collo con un fazzoletto pulito, gentile pensiero della mia signora. Stiamo insieme da oltre quarant’anni e mi sembra ieri d’averla conosciuta. E quanto ci siamo amati. A volte penso che fosse stato meglio comportarsi diversamente, ma tutto quello che è successo, nel bene e nel male credo che lo rivivrei allo stesso modo. Forse correggendo qualche particolare avrei vissuto meglio questo rapporto,
ma nell’insieme sono soddisfatto. Alla fine di una vita felice le piccole macchie non lasciano segni.
Sono le due del primo pomeriggio, devo riprendere la via del ritorno, prima che mi diano per disperso. È quasi tutta discesa adesso e il passo si fa più sciolto. Solo le curve della Forcella sono leggermente in salita ma ormai vedo da lontano la mia casa. Sto percorrendo la variante Casilina, per completare il percorso segnato sulla cartina. Dovrò fare un lungo giro e risalire dietro la collina, saranno sei chilometri in tutto, di cui almeno due in salita.
Il piacere è che, con questa strada, passo tra i boschi, qualche casa spersa tra gli alberi, un supermercato e un bar, poi solo ossigeno rigenerato. Respiro a pieni polmoni, ricorderò questa giornata a lungo. Sono ormai le cinque della sera, incomincia a scurire, lo scintillio della giornata lascia il posto a una luminosa serata autunnale, il cielo s’illumina di stelle ancora pallide, che presto si accenderanno inviando segnali d’amore per una gioventù che ancora sta cercando quello che io ho già vissuto.
Quando suono al citofono, risponde mia moglie tutta preoccupata “Sei tu? Finalmente caro, stavo in pensiero”.
Salgo lentamente le scale, ormai stanco della lunga passeggiata e rivedo nel suo sguardo preoccupato i segni di un amore ancora vivo, nonostante gli anni trascorsi insieme.